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29.12.03

Chi investiva nel calcio ripagato con appalti. 

Scrive Giorgio Tosatti, sul Corriere della Sera di oggi, 29 dicembre 2003 (ho messo io in grassetto alcune frasi che mi hanno colpito particolarmente):
"(...) è difficile non trovare grottesca la virtuosa indignazione con cui politici, autorità finanziarie ed economiche, illustri economisti, banchieri, magistrati, giornalisti hanno messo sotto processo le istituzioni sportive (i cui poteri sono modesti) per non aver impedito negli anni agli Agnelli, ai Berlusconi, ai Moratti, ai Tanzi, ai Sensi, ai Cragnotti, ai Cecchi Gori ecc. ecc. di allargarsi con le spese. Peccato non si siano accorti di ben altri scandali, di gigantesche truffe a danno dei risparmiatori, falsi da operetta, migliaia di miliardi scomparsi nel nulla. Peccato che non se ne siano accorte istituzioni ben più potenti cui nessun tipo d'intervento è precluso. E' il modello-Paese a non funzionare, ad aver bisogno di nuove norme, di rigore, di etica. In tutti i settori.
Semmai colpisce come i protagonisti di giganteschi scandali finanziari siano anche proprietari di club calcistici. Il che porta a complessi intrecci tramite le banche, impegnate a tenere in piedi aziende e pallone.
Su cui sarà bene intendersi senza troppe ipocrisie. Per tutti gli anni Ottanta e parte degli anni Novanta, il rapporto tra partiti, correnti, banche e club era forte. Chi investiva nel calcio veniva sovente ripagato con appalti. Tangentopoli ha interrotto questa situazione (di qui l'irreversibile crisi del Napoli). Ora, anche per la trasformazione in Spa con fine di lucro, si sono allargati i termini dell'indebitamento. Un errore? Sì. Ma l'alternativa è quella di non iscrivere al campionato molti club, tra cui quelli che rappresentano città come Roma e Napoli. Una iattura per i politici di tutti i partiti. Rigorosissimi a parole, ma feroci nel difendere il loro club come s'è visto nella vicenda Catania. (...)".

Ben detto!
Posso formulare qualche domanda?

1 - Peccato non si siano accorti di ben altri scandali, di gigantesche truffe a danno dei risparmiatori, falsi da operetta, migliaia di miliardi scomparsi nel nulla. Già un anno fa, come riporta il settimanale "Economist" del 20 dicembre 2003, la banca d'affari Merril Lynch aveva avvertito gli investitori di vendere Parmalat sulla base del fatto che la banca non capiva quale fosse il bisogno di avere finanze così poco trasparenti... Al "Corriere" non è arrivata nessuna indiscrezione? Anche il Corriere, dunque, non si era accorto di nulla (o sbaglio?)?
2 - Il che porta a complessi intrecci tramite le banche, impegnate a tenere in piedi aziende e pallone. Beh, mi manca molto un'inchiesta del Corriere che faccia luce su questi intrecci, a quando la prima puntata?
3 - Per tutti gli anni Ottanta e parte degli anni Novanta, il rapporto tra partiti, correnti, banche e club era forte. Perché, adesso com'è?
4 - Chi investiva nel calcio veniva sovente ripagato con appalti. E adesso com'è? E perché, caro Tosatti, caro Corriere, per tutti gli anni Ottanta e parte degli anni Novanta avete tenuto la bocca chiusa?
5 - come s'è visto nella vicenda Catania. Qualche nome, per cortesia?

Sono d'accordo con questa frase:
"E' il modello-Paese a non funzionare, ad aver bisogno di nuove norme, di rigore, di etica. In tutti i settori." - Aggiungerei solamente: "a partire dai giornalisti e dalla stampa".

25.12.03

"Fedeltà", secondo Riccardo Varvelli 

Tratto dal libro "Il management secondo noi":
Una battuta per il vocabolo "fedeltà": "C'è un limite alla fedeltà. Quando ti accorgi di aver dato fiducia a persone o istituzioni che non hanno rispettato le promesse, è meglio cambiare idea."

23.12.03

Parmalat, la fiera del senno del poi 

Per forza: se qualcuno avesse osato scrivere un articolo in tempi non sospetti, che fosse stato poco più che critico nei confronti della Parmalat, sarebbe stato certamente querelato per diffamazione...

In Italia, la libertà di stampa non esiste.

Parmalat e Capitalia (tanto per fare solo due nomi di aziende attualmente sotto l'occhio dei riflettori e della magistratura) sono due aziende che investono molto in pubblicità. I giornali vivono di pubblicità, i soldi derivanti dalla vendita in edicola contano molto meno. Chi mai osa criticare questo o quello, salvo vedersi ritirare i quattrini dalle agenzie?

Risulta al settimanale britannico "Economist", del 20 dicembre 2003, che la banca d'affari Merril Lynch già un anno fa aveva avvertito gli investitori di vendere Parmalat sulla base del fatto che la banca non capiva quale fosse il bisogno di avere finanze così poco trasparenti... ...dunque i banchieri non sapevano? La Consob non sapeva? La Banca d'Italia non sapeva proprio nulla?